La guerra in Ucraina e le pesanti conseguenze sulla filiera agro-alimentare in Italia
Le produzioni di grano da parte dell’Ucraina, definita il granaio d’Europa, e della Russia rappresentano quasi il 30% di quello mondiale complessivo.
L’invasione dell’Ucraina da parte di Putin ha praticamente interrotto l’esportazione di grano da parte di entrambi i paesi ponendo le basi per una forte e critica instabilità economica del settore agricolo che non si vede dai tempi della primavera araba del 2012.
Secondo una recente analisi del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) la guerra in Ucraina sta avendo e avrà forti ripercussioni sui costi e sulle produzioni delle aziende agricole italiane, nonché un conseguente aumento dei prezzi dei generi alimentari che diventano sempre più scarsi e costosi.
Diversi sono le criticità che sta affrontando e dovrà affrontare il nostro paese.
- Riduzione delle importazioni di grano e mais no Ogm da Russia e Ucraina
Si tratta di produzioni fondamentali non solo per l’industria alimentare ma anche per i mangimi consumati dagli negli allevamenti.
In questo senso le aziende che producono latte e derivati, uova e carni di vario genere potrebbero essere costrette a rinunciare alle produzioni non geneticamente modificate per il nutrimento degli animali.
L’Italia in questo settore è dipendente per circa i 20% dalle importazioni dall’Ucraina. La crisi in corso apre necessariamente due scenari possibili: o il ricorso a prodotti Ogm o a quelli non Ogm free proveniente dalla Francia e Germania per mantenere il plus di eccellenza su cui puntano realtà importanti della produzione italiana.
Questo, comunque, si tradurrebbe in un aumento dei costi per il consumatore finale.
- Aumento dei costi dell’olio di semi
L’Ucraina è uno dei principali produttori di oli di semi, in particolare olio di semi di girasole, che ad oggi secondo quanto riporta Coldiretti hanno subito un aumento dei prezzi di circa del 23,6%.
- Quali sono le soluzioni possibili?
Rimettere a coltura i terreni abbandonati per la scarsa redditività dei prodotti
Questa rappresenta, comunque, una soluzione non attivabile in tempi stretti e, di base, ci dovrebbe essere una coesione a livello europeo comunitario che si basi sulla volontà di uscire insieme dalla crisi senza approfittare della criticità del momento.
Piuttosto interessante l’intervento a a LetExpo, la fiera del trasporto e della logistica sostenibile a Verona, di Ettore Prandini, presidente della Coldiretti che ha dichiarato:
“”Per anni abbiamo avuto un sistema europeo spinto dalla logica della globalizzazione accelerata, che ci ha fatto puntare spesso sulla delocalizzazione di produzioni e aziende. Una logica sbagliata e fallimentare. In Europa abbiamo avuto dei sostegni contributivi erogati quando le imprese non producevano”. Oggi “capiamo l’importanza di essere aperti ma senza delocalizzare risorse e settori strategici”. Insomma, secondo Prandini, “l’Italia deve puntare ad aumentare la sua autosufficienza produttiva”.